venerdì 24 aprile 2015

La grande paura

Nulla lo lasciava prevedere.
Una tavola apparecchiata, briciole, frutta a pezzi.
Sgranocchiare la mela, fragrante, è uno dei piaceri della vita.
Il telefono.
Il telefono dovrebbe  alcune volte, difendere il padrone, come un cane fedele: ma la tecnologia non è ancora arrivata a questo.
Il telefono a tutt'oggi è ancora uno stupido, che non discrimina tra la chiamata dell'amato/a (coniuge, compagno), e quella del menagramo.
Naturalmente, ogni persona con un briciolo di lungimiranza  personalizza le suonerie, così da sapere in anticipo chi è...
Ma di fronte ad uno squillo anonimo, nell'attimo in cui schiacci il tasto della risposta ti si apre davanti un abisso di punti interrogativi.
Così quel giorno: la voce, melliflua, sembrava insinuarsi viscida nel quotidiano, serpeggiava bavosa, e non smetteva di descrivere le sue anse sulle lastre dei vetri, sulle pareti: su tutto ciò che mi soffermavo a guardare inconsapevolmente mentre l'ascoltavo.
D'un tratto, la COSA prese forma.
Il pericolo apparve, colossale, imminente, delineato, solido come un cubo di basalto.
D'un tratto, le pareti diventarono lisce come specchi, e io in fondo, in fondo.
Dove la fragranza della mela? dove il bianco damasco della tovaglia? dove il canterino chiacchiericcio dei figli?
Tutto, come per un sortilegio, era coperto dai teli scuri della più cupa paura.
Una paura solitaria: poichè la voce bavosa e retrattile si era dileguata subito dopo aver compiuto la sua opera stregata.
prima parte-segue

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